Recentemente abbiamo avuto l’onore e il piacere di partecipare al Convegno “Minori e media: diritti, rischi ed opportunità” promosso dal Consiglio Nazionale degli Utenti (CNU). Cogliamo l’occasione per ringraziare La Presidente CNU On. Sandra Cioffi che ha presieduto il convegno e dalla quale siamo stati gentilmente invitati.
Sempre più rilevante nella nostra società è il ruolo dell’educazione civica digitale, la quale è necessariamente promossa dallo sviluppo del pensiero critico, piuttosto che dal solo uso di strumenti restrittivi che vietano ex ante l’accesso dei minori ai media.
Lo sviluppo di un pensiero critico nei confronti dei nuovi strumenti digitali è di conseguenza auspicabile nelle nuove generazioni quanto in quelle attuali per coglierne le potenzialità oltre ai rischi.
Ma quali sono gli strumenti per promuovere questa nuova forma di educazione? Come si può sviluppare?
Il pensiero critico si costruisce nella relazione con l’adulto: il rapporto fra minori e media può difatti essere mediato dai genitori – in modo volontario o meno. Tale effetto può essere esercitato per mezzo di una mediazione restrittiva (e.g. parental control), di una mediazione attiva (e.g. istruzioni dirette o conversazioni con il minore sull’utilizzo dei social media) o di un uso congiunto (e.g. utilizzare i dispositivi digitali insieme al minore) (Valkenburg et al., 1999).
Il limite dell’utilizzo dei soli strumenti restrittivi risulta evidente nel momento in cui un genitore applica strumenti che monitorano come il figlio utilizza i media: cosa può fare il genitore con questa informazione?
Emerge con evidenza, dunque, che non si può definire un one best way per promuovere un rapporto adeguato fra minori e media, obiettivo che presuppone l’attuazione combinata di molteplici e differenti strumenti e buone pratiche (Scott, 2022).
Innanzitutto, è necessario tener conto che è sempre più anticipata l’età in cui i minori accedono ai nuovi strumenti digitali. Risulta fondamentale che già in fase prescolare i genitori promuovano il processo di alfabetizzazione digitale, ovvero la formazione di atteggiamenti adeguati nei confronti dell’utilizzo dei media digitali.
È ampiamente documentato che nelle fasi precoci di sviluppo del bambino l’utilizzo dei dispositivi digitali in modo congiunto con il genitore ne favorisce gli effetti benefici. Anche in fasi più avanzate dello sviluppo del minore le interazioni con i genitori rappresentano un importante fattore protettivo per l’atteggiamento dei figli verso i media digitali (Reid Chassiakos et al. 2016; Scott, 2022).
Riprendendo la metafora di scaffolding (“impalcatura”) proposta da Bruner (1983), l’interazione fra il genitore e il bambino funge da mediatore tra il bambino e il contesto ambientale (e.g. gioco didattico). Questa mediazione, come un’impalcatura, è una struttura provvisoria che il genitore fornisce inizialmente al bambino per favorire lo sviluppo cognitivo, affettivo e sociale della relazione del bambino con il dispositivo e, per estensione, con gli strumenti digitali. In tal senso, l’impalcatura genitoriale andrà progressivamente a modificarsi fino a ridursi con l’avanzare dello sviluppo del figlio e della relazione che quest’ultimo ha con i media digitali. Tale processo è alla base della formazione del pensiero critico.
Insieme ai comportamenti volontariamente diretti all’alfabetizzazione digitale dei propri figli, il modo con cui i genitori si rapportano ai media rappresenta un importante elemento che concorre alla formazione di adeguati atteggiamenti dei figli verso gli strumenti digitali (Reid Chassiakos et al. 2016). L’atteggiamento dei genitori stessi è un importante fattore predittivo dell’utilizzo dei media da parte dei minori. I bambini imitano spontaneamente il comportamento degli adulti di riferimento, da cui, tramite l’osservazione, imparano i modelli di comportamento da utilizzare (modellamento o modeling; Bandura, 1969).
I genitori che utilizzano maggiormente i media digitali, hanno maggior probabilità di avere figli che tendano a fare lo stesso. In aggiunta, è interessante notare, in tali famiglie si evidenzia un minor coinvolgimento nella relazione fra i genitori e i figli, espresso in termini di quantità di interazioni (Reid Chassiakos et al. 2016).
Ricordandoci che è un dato di correlazione, e che quindi non è spiegata la relazione di causa-effetto fra l’uso eccessivo dei media e la ridotta interazione fra genitori e figli, un quesito fra tutti sorge spontaneo: i momenti di interazione con i genitori si riducono perché c’è un eccessivo uso dei media da parte dei figli o l’eccessivo uso dei media da parte dei figli è dipeso da una ridotta interazione con i genitori?
Tale domanda – certamente provocatoria – ci potrebbe far riflettere ancor di più quando in alcuni studi si riscontrano risultati che suggeriscono che i genitori sarebbero più propensi a far utilizzare i dispositivi digitali ai bambini che hanno maggiori difficoltà a regolare le proprie emozioni, tristemente definiti bambini “difficili”.
Tuttavia, la difficoltà è da riconoscere, ma non nei figli. È da riconoscere in un cambiamento della società digitale che è in un continuo divenire – talvolta forse troppo. La digitalizzazione è un processo estremamente rapido che non sempre ci consente di comprendere e padroneggiare gli strumenti adeguati. Strumenti che talvolta possono essere già divenuti obsoleti nel tempo in cui impariamo a conoscerli.
Per tali ragioni, in questo contesto liquido, ciò che ci può permettere di surfare (sul web e nella realtà di tutti i giorni) è il pensiero critico, ovvero la capacità di analizzare la realtà digitale e ponderarne i rischi e le opportunità in funzione dei nostri valori.
Valori che si trasmettono e sviluppano tramite la relazione, in primis con i genitori. La relazione con i genitori rappresenta dunque il primo modello morale a cui far riferimento nella costruzione della propria educazione civica digitale.
Riferimenti bibliografici: